Cos’è il teleriscaldamento

Il teleriscaldamento è una forma di riscaldamento (di abitazioni, scuole, ospedali ecc.) che consiste essenzialmente nella distribuzione, attraverso una rete di tubazioni isolate e interrate, di acqua calda, acqua surriscaldata o vapore (detti fluido termovettore), proveniente da una grossa centrale di produzione, alle abitazioni con successivo ritorno dei suddetti alla stessa centrale.

Come funziona

La distribuzione effettuata con acqua calda, circa 80 – 90 °C, riduce tutta una serie di problematiche relative alla posa delle tubazioni e alle dilatazioni termiche delle stesse, ma le tubazioni saranno di diametro maggiore rispetto a quelle necessarie in caso di utilizzo di acqua surriscaldata o del vapore. Le centrali di produzione possono sfruttare diversi combustibili per produrre il calore necessario: gas naturale, oli combustibili, carbone, biomassa o anche rifiuti. La produzione di calore può essere anche associata a quella di energia elettrica: si parla in questo caso di cogenerazione.
A destinazione il fluido termovettore riscalda, attraverso uno scambiatore di calore acqua-acqua o vapore-acqua (generalmente a piastre), l’acqua dell’impianto di riscaldamento della abitazione. Lo scambiatore, che in pratica sostituisce la caldaia o le caldaie, può produrre anche acqua di uso sanitario.
In Italia lo scambiatore è soggetto, come le caldaie, alle normative e controlli ISPESL ed alla direttiva europea PED sugli apparecchi a pressione. Ogni impianto deve inoltre anche essere certificato secondo il D.M. 37/08 (ex legge 46/90).
La distribuzione effettuata con acqua calda, circa 80 – 90 °C, riduce tutta una serie di problematiche relative alla posa delle tubazioni e alle dilatazioni termiche delle stesse, ma le tubazioni saranno di diametro maggiore rispetto a quelle necessarie in caso di utilizzo di acqua surriscaldata o del vapore. Le centrali di produzione possono sfruttare diversi combustibili per produrre il calore necessario: gas naturale, oli combustibili, carbone, biomassa o anche rifiuti. La produzione di calore può essere anche associata a quella di energia elettrica: si parla in questo caso di cogenerazione.
A destinazione il fluido termovettore riscalda, attraverso uno scambiatore di calore acqua-acqua o vapore-acqua (generalmente a piastre), l’acqua dell’impianto di riscaldamento della abitazione. Lo scambiatore, che in pratica sostituisce la caldaia o le caldaie, può produrre anche acqua di uso sanitario.
In Italia lo scambiatore è soggetto, come le caldaie, alle normative e controlli ISPESL ed alla direttiva europea PED sugli apparecchi a pressione. Ogni impianto deve inoltre anche essere certificato secondo il D.M. 37/08 (ex legge 46/90).
In quanto impianto centralizzato di enormi dimensioni, la centrale di teleriscaldamento era fino agli anni ’80 molto più efficiente di molte caldaie condominiali: non solo per le tecnologie più avanzate di cui faceva uso. Inoltre, un grande impianto anche dal punto di vista delle emissioni inquinanti era controllato molto di più di qualsiasi caldaia privata (si ricorda che nel milanese si stimava che nel periodo invernale gli impianti di riscaldamento fosse l’origine della metà delle polveri sottili emesse, perciò il comune di Milano dal 1º novembre 2005 vietò l’accensione di impianti di riscaldamento alimentati a carbone o olio combustibile). Oggi però la sistuazione è completamente ribaltata grazie alla tecnologia della condensazione e della microcogenerazione e delle energie alternative come il solare termico: infatti le caldaie cosiddette autonome ed anche le caldaie di medie dimensioni raggiungono efficienze impossibili per una centrale di teleriscaldamento, ciò a causa dei rendimenti superiori alle basse temperature delle caldaie a condensazione. Se infatti una centrale di teleriscaldamento deve produrre acqua calda a 90 gradi ed in alcuni casi surriscaldata sopra i 100, con rendimenti che posoono al massimo toccare il 92% del potere calorifico inferiore, una caldaietta può produrre acqua calda in loco a 40 gradi con un rendimento del 105% (sempre considerando il potere calorifico inferiore).
La distanza dei luoghi scaldati rispetto alla centrale comporta delle eccessive dispersioni di calore durante il tragitto, che non rendono conveniente il teleriscaldamento dal punto di vista economico e termodinamico. In una configurazione tipica le dispersioni di calore ammontano a circa il 13-16% del calore immesso nella rete. All’aumentare della distanza si possono rendere necessarie anche delle stazioni intermedie che aumentano la pressione e la temperatura dell’acqua.
Il teleriscaldamento ha in genere costi per le utenze finali elevati rispetto al tradizionale riscaldamento a metano, pur essendo ricavato da una “materia prima” a costo zero, come la termovalorizzazione di rifiuti o il recupero di calore dei fumi delle centrali. Presenta, quindi, dei vantaggi economici per il produttore ma non sempre un beneficio ambientale per la collettività. Altre volte il calore viene generato con materiale ligneo derivato da scarti e questa è una applicazione positiva del teleriscaldamento perché recupera materiale destinato alla distruzione. Prevalentemete l’acqua per teleriscaldamento viene prodotta tramite coogenerazione, cioè in centrali elettriche che attuano un recupero di calore che è il cascame energetico che producono; anche in questo caso però se si confrontano le efficienze di piccoli impianti di cogenerazione e si sommano le perdite per la distribuzione nelle reti elettriche, ci si rende subito conto della maggiore efficienza di questi ultimi.
La termovalorizzazione dei rifiuti non risulta a costo zero, sia per il processo di selezione del rifiuto (ammesso che questo venga effettuato) che per il necessario apporto di combustibile tradizionale (solitamente metano) quando vengono bruciati e inceneriti alcuni tipi di rifiuti, ma rimane l’unica applicazione sensata per il teleriscaldamento perché sfrutta calore che altrimenti andrebbe perso.

Teleriscaldamento a Brescia

La rete di teleriscaldamento a Brescia è gestita interamente dal gruppo A2A. Il teleriscaldamento a Brescia risale agli anni ’70 e continua a dare un importante contributo per il contenimento dell’inquinamento atmosferico della città.
Oggi, oltre il 70% della popolazione del Comune di Brescia vive o lavora in ambienti teleriscaldati.
Il progetto nato nel 1972, con il primo esperimento pilota, si è implementato nell’arco degli anni con un continuo sviluppo della rete e con l’entrata in esercizio di nuovi impianti di produzione, realizzati sempre con la miglior tecnologia presente sul mercato e con una particolare attenzione ai sistemi di abbattimento e controllo delle emissioni inquinanti.
E’ del 1978 l’entrata in esercizio della prima centrale di cogenerazione Sud “Lamarmora”, per la produzione congiunta di energia elettrica e calore. La cogenerazione, a parità di servizi erogati, consente un risparmio di energia primaria nell’ordine del 20-30% rispetto alla produzione disgiunta di elettricità e di calore. La centrale può essere alimentata da combustibili diversi, gas metano, olio combustibile e carbone, anche in combustione mista.
Il 1998 è l’anno di entrata in funzione del Termoutilizzatore che utilizza come combustibile i rifiuti solidi urbani. Dall’impianto, in grado di bruciare 800 mila tonnellate l’anno di rifiuti e biomasse, è possibile ricavare 528 milioni di chilowattora elettrici e 505 milioni di chilowattora di calore ogni anno, con un risparmio di 150 mila tep, evitando l’emissione in atmosfera di 400 mila tonnellate di anidride carbonica. Un ulteriore passo avanti è stato conseguito nel 2004 con il completamento dell’impianto con una linea alimentata con biomasse. Il calore prodotto dal Termoutilizzatore copre oltre il 40% del fabbisogno termico degli edifici teleriscaldati.
La rete di teleriscaldamento di Brescia esce dai confini comunali per servire anche buona parte del territorio dei comuni limitrofi di Bovezzo e Concesio.
Al 31 dicembre 2009 sono allacciati edifici per oltre 40 milioni di metri cubi, ma sono già previsti ulteriori sviluppi ed estendimenti della rete per raggiungere, entro il 2020, l’ambizioso traguardo dei 45 milioni di metri cubi.
Il sistema integrato Termoutilizzatore – Teleriscaldamento ha consentito alla città di Brescia di raggiungere, con largo anticipo sulla data indicata (2010), gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica proposti dalla Comunità Internazionale.

Il termovalorizzatore di Brescia

Attraverso i termovalorizzatori si recupera energia elettrica e termica dai rifiuti.
I rifiuti possono essere conferiti agli impianti sia tal quali che sotto forma di CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti).
Il CDR è ottenuto da un ciclo di lavorazioni che comprende: triturazione, essicazione biologica cioè tramite il calore generato dall’attività batterica, separazione dei metalli ferrosi e non ferrosi – ottenendo un combustibile con elevato contenuto energetico e caratteristiche chimico-fisiche costanti.
Il recupero energetico dei rifiuti, se attuato con impianti dalle elevate prestazioni energetiche e di depurazione dei fumi e sui rifiuti non altrimenti recuperabili, presenta vantaggi ambientali sia perché consente il risparmio di risorse energetiche , sia perché permette di evitare emissioni di gas serra dagli impianti alimentati a combustibili fossili e dalle discariche.

L’impianto di termovalorizzazione di Brescia è composto da tre unità di combustione, di cui una dedicata alle biomasse, ed è stato realizzato utilizzando le più avanzate tecnologie.
Il progetto architettonico dell’impianto e il suo inserimento nel paesaggio sono stati sviluppati congiuntamente fin dalle fasi iniziali.
L’idea di fondo è stata quella di conseguire un armonico inserimento nel contesto ambientale.
L’attenzione per l’ambiente è confermata dal fatto che il 50% dell’investimento per la realizzazione dell’impianto è stato destinato ai sistemi di depurazione dei gas di combustione e a quelli di protezione ambientale.
In termini di efficienza energetica, la termovalorizzazione costituisce un importante fattore di protezione ambientale, sia perchè consente il risparmio di risorse energetiche non rinnovabili, sia perchè permette di evitare emissioni dagli impianti alimentati a combustibili fossili.
Il Termoutilizzatore è stato concepito all’interno di una strategia di gestione integrata dei rifiuti e del territorio e rappresenta una preziosa fonte di energia per la città di Brescia: grazie alla rete del teleriscaldamento, infatti, è possibile produrre non solo energia elettrica ma anche recuperare energia termica in quantità rilevanti, convogliando il calore prodotto nella rete del teleriscaldamento, fino alle abitazioni dei singoli utenti.
Nell’anno 2008 il Termoutilizzatore di Brescia ha bruciato 801 mila tonnellate di rifiuti e biomasse, ricavando 570 milioni di chilowattora di elettricità e 568 milioni di chilowattora di calore (cioè quasi il 40% dell’energia termica immessa in rete a Brescia nell’anno). Per dare un’idea più concreta, tali dati significano che nel 2008 il Termoutilizzatore ha prodotto elettricità pari al fabbisogno di 190.000 famiglie e calore pari al fabbisogno di 50.000 appartamenti. Nel contempo ha consentito il risparmio di oltre 150.000 TEP – Tonnellate equivalenti di petrolio e ha evitato l’emissione in atmosfera di oltre 400.000 tonnellate di anidride carbonica – CO2, corrispondenti al risultato ottenibile con la riforestazione di oltre 15.000 ettari di superficie (circa due volte l’estensione del Comune di Brescia).
Le ceneri pesanti da combustione sono ulteriormente recuperabili: il ferro viene separato in sito, mentre la parte restante viene conferita ad impianti dedicati che effettuano la separazione dei metalli non ferrosi e il recupero della frazione restante per la produzione di cemento e calcestruzzo.
Le polveri raccolte dai filtri vengono convogliate in appositi sili di stoccaggio e inertizzate, mediante un processo che ne assicura l’innocuità, e quindi avviate alla collocazione finale.
Al fine di avviare un’operazione di trasparenza relativamente al funzionamento dell’impianto, l’Amministrazione Comunale di Brescia ha ritenuto opportuno istituire un “Osservatorio sul Termoutilizzatore”, con il compito di monitorarne l’attività.